Quando racconti che corri la maratona e ti guardano come se fossi arrivato da un altro pianeta.
Quando ti vedono arrivare un po’ trafelato e incidentalmente viene fuori che fino a una manciata di minuti prima hai fatto un allenamento da cavallo, e di nuovo rimangono stupiti.
Cosa li sorprende? Forse il fatto che si riesca a ritagliare il tempo per allenarsi, forse la naturalezza con cui si riesce a lavorare anche dopo gli allenamenti, ma quello che suscita più perplessità è come mai ci si sottoponga a tali dosi di fatica gratuita.
Perché mai arrivare a sudare in quel modo? Perché mai giungere allo stremo delle forze? Perché alzarsi prima dell’alba, saltare pranzi, rinunciare all’aperitivo o alla serata per una gara dove andare a soffrire magari al freddo o al caldo estremo?
La “fatica non è mai sprecata, soffri ma sogni” diceva Pietro Mennea che di allenamenti impegnativi se ne intendeva.
Infatti è così, è pagare un tributo per migliorarsi, ed il premio è la soddisfazione di essere arrivati vicino ai propri limiti o di averli spostati un po’ più in lì (dopotutto è remota la possibilità che un master scali le classifiche mondiali). Ma la fatica fisica è anche una preziosa alleata per liberare le energie costrette nelle attività sedentarie o comunque ripetitive, per mettere in moto tutto il resto.
Che bello anche oggi si fatica!
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